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E’ un periodo di grande confusione. informazioni di ogni tipo viaggiano in tempo reale. Viaggiano ad un tempo ancora più veloce di quello che ci vuole ad assimilarle, anzi, ancor prima che le cose accadano c’è chi le prevede, le anticipa, le analizza. Resta in me la certezza di non sapere, di non capire. Lo sconforto di aver smarrito qualsiasi accenno di identità ideologica, di non appartenere a nessuna comunità, di non essere che una foglia al vento. La sensazione di camminare per una strada che sembra deserta in cui si vedono, dietro i vetri delle finestre chiuse, volti scrutatori pieni di biasimo. Io provo un senso di solitudine quasi perenne, che alimento nei modi più disparati perché la solitudine sa essere un’ottima compagna. Mi consola leggere delle belle storie, contemplare il linguaggio delle opere d’arte, imparare cose nuove, catturare momenti e forme nelle foto, esercitare il corpo, interrogarmi sulla vera essenza delle cose e dei rapporti umani e qualche volta rispondermi. Rimpiango una vita che non mi è mai stato dato di avere ma che immagino in atto in un universo parallelo in cui non cammino mai per una strada deserta e nessuno mi guarda da dietro le imposte chiuse scuotendo la testa. Scatto foto in continuazione: cancelli, staccionate, palazzi, scale e persone sconosciute, di nascosto. Poi mi siedo in un angolo (credo che la natura abbia creato gli angoli solo per me) e le scorro tutte, riguardo le crepe nei muri e nelle facce che ho scovato per la strada cercando qualcosa che mi parli di me, che mi riveli qualcosa che non so ma che mi faccia stare bene. E questo è quanto. E per tutte le domande che ti fai, le risposte dovrai trovarle sempre e solo tu.

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